Il 15 luglio 2022 è entrato in vigore il Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (CCII), riforma “rivoluzionaria” che considera la crisi come fenomeno fisiologico nella vita dell’azienda e definisce una serie di misure finalizzate alla diagnosi precoce della potenziale crisi, indicando gli strumenti utili a prevenire situazioni irreversibili favorendo la continuità aziendale.
Il 15 luglio 2022 è entrato in vigore il Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (CCII) di cui al D.Lgs. 14/2019 con le modifiche successivamente apportate dal D.Lgs. 147/2020 (Disposizioni integrative e correttive) e dal D.Lgs. 17 giugno 2022, n. 83 di attuazione della Direttiva UE 2019/1023 (Direttiva Insolvency).
Si tratta di una riforma che, almeno nelle intenzioni, vuole essere rivoluzionaria rispetto ad un passato in cui il “Fallimento” era di fatto la procedura concorsuale primaria e uno “stigma”, un “male”, talvolta uno strumento anomalo di recupero del credito, altre volte uno strumento manovrato dagli stessi debitori.
Il Codice è un corpus di 391 articoli che vanno ad abrogare e a sostituire la “legge fallimentare” (R.D. 267/1942) e la disciplina sulla “composizione della crisi da sovraindebitamento” (L. 3/2012), riscrivendo la disciplina delle procedure concorsuali e dell’insolvenza. La disciplina della “Composizione negoziata dell’impresa” e del “Concordato semplificato” introdotta con il D.L. 118/2021 viene di fatto “trasferita”, con qualche modifica, all’interno del CCII. Viene infine introdotta la nuova procedura “Piano di ristrutturazione soggetto a omologazione”.
Non è possibile in questa sede dare conto di tutte le novità intervenute.
Si tratta in ogni caso di una riforma che – come sottolineato da più “voci” – considera la crisi come un fenomeno fisiologico della vita dell’impresa e che – proprio per questo – si pone in primis come finalità quella di consentire una diagnosi precoce dello stato di difficoltà dell’impresa, anticipando la percezione dei segnali di crisi d’impresa con l’intento di evitare che il ritardo possa condurre a uno stato di crisi irreversibile.
Secondo il nuovo Codice infatti l’imprenditore “deve adottare misure idonee a rilevare tempestivamente lo stato di crisi e assumere senza indugio le iniziative necessarie a farvi fronte” anche con l’intervento di un soggetto terzo con il compito di favorire una soluzione che trovi possibilmente il consenso dei creditori.
Le imprese dovranno quindi dotarsi di un apparato di controllo sia organizzativo sia amministrativo – contabile (che diviene una funzione strategica) e disporre di strumenti adeguati a tenere sotto controllo i flussi di cassa e il business plan.
Tutto ciò al fine di:
In generale con il nuovo Codice si assiste a un accresciuto favor normativo per la continuità aziendale e per le soluzioni alternative alla liquidazione giudiziale.
Tutti gli ”stakeholders” dovranno abituarsi fin da subito ad un primo e lungo periodo di coabitazione tra vecchia e nuova normativa.
Dal punto di vista temporale infatti la nuova normativa trova applicazione per i procedimenti incardinati successivamente al 15 luglio 2022.
Per un lasso di tempo indeterminato ci sarà quindi un “sistema doppio” che avrà impatti non solo formali (ad esempio “liquidazione giudiziale” al posto di “fallimento”) ma anche sostanziali (mutano ad esempio i termini perché una domanda di ammissione al passivo possa considerarsi tardiva o ultratardiva).
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